I fantasmi del fiume alle Gualchiere di Remole

I fantasmi del fiume. Racconti dalle Gualchiere”  spettacolo itinerante

Testi di Alessandro Fani
Direzione Scientifica Giuseppina Carlotta Cianferoni
Organizzazione Simone Bellucci
Consulenza tecnica Antonio Bellacci dell’Associazione Renaioli

Regia di Carlo Sciaccaluga

con

Mario Pietramala e Alessio Sardelli

Narratori: Giuseppina Carlotta Cianferoni, Simone Bellucci

Musiche:
Luca Becorpi: clarino e mandolino
Alessandro Masini: chitarra, armonica, concertina

Errata corrige !!! La data dell’ultima replica non è il 6 ma il  9 settembre (sabato) alle ore 18,30.

Winvito fantasmi

“Ma qui, sul fiume, tutto c’è e non c’è, scompare e ritorna, viene mangiato e vomitato dalla corrente e tutto, tutto quanto sembra trasformare il paesaggio che poi  però, rimane sempre lo stesso. Sul fiume ciò che c’è e è ciò che c’è stato sono la stessa cosa.”

Le Gualchiere di Remole sono fra le più significative strutture pre-industriali d’Europa; testimonianza di memorie e luogo di suggestioni che ricordano storie dense di significati umani e sociali, originarie della nostra identità. Come scrivevano Karl Marx e Friedrich Engels ne L’Ideologia Tedesca “si possono distinguere gli uomini dagli animali per la coscienza, per la religione, per tutto quello che si vuole; ma essi cominciarono a distinguersi dagli animali allorché cominciarono a produrre i loro mezzi di sussistenza… Producendo questi gli uomini producono indirettamente la loro stessa vita materiale”. I quattro personaggi che ci si presentano alle Gualchiere di Remole sono, innanzitutto, lavoratori. Meccanismi di quel complesso ingranaggio che è la produzione industriale. Ma, se è vero che l’uomo si distingue dall’animale quando comincia a produrre i propri mezzi di sussistenza, è anche vero che il processo di produzione può portarlo a dimenticare il proprio scopo fondamentale: se stesso. E l’essere umano resta allora fatalmente schiacciato tra i denti dell’ingranaggio che lui stesso mette in moto: il lavoro, lungi dall’essere una catarsi, diventa uno scopo sterile; un lavoratore delle Gualchiere muore di polmonite perché non può permettersi di comprare uno dei mantelli di lana che produce con le proprie mani ogni giorno, un altro non può coronare un domestico sogno d’amore perché il lavoro lo priva di tempo e forze.

Dov’è, allora, l’uomo, se non può amare, se si fa “fantasma”, ossia solo apparenza, come da titolo dello spettacolo? Qual è il suo scopo, il suo diritto alla felicità? Cosa giustifica la nostra stanca andata al tempio del vivere quotidiano? In un’epoca come la nostra, in cui le riflessioni sulla condizione sociale dell’essere umano si sono rarefatte, un’epoca dominata dalla retorica del denaro, uno spettacolo che ponga queste domande è più che mai necessario. Sono domande eterne, e infatti la nostra storia affonda le sue radici nel 1326, anno di fondazione delle Gualchiere.

Così, dai primi decenni del XIV, fino alla seconda metà dell’800, i personaggi si susseguono nella narrazione comica o appassionata di brandelli di vita, tragedie, avventure, amori. Anime inquiete di un mondo scomparso, ma ancora palpitante fra le pietre e la vegetazione delle Gualchiere, dove le molte e capricciose stagioni del fiume hanno incontrato il genio e l’ansia faccendiera dell’umano vivere. L’uomo e le Gualchiere: un luogo della memoria, un luogo del presente, un luogo che può aprire uno squarcio nel velo che nasconde il futuro.

 

Alessandro Fani e Carlo Sciaccaluga